,

Intervista a Guido Scarabottolo

Guido Scarabottolo: Indifesa

Il mondo illustrato di Guido Scarabattolo

Spesso capita che ci passino davanti agli occhi migliaia di illustrazioni, disegni, lavori di artisti che ci colpiscono e catturano la nostra attenzione. Ma quante volte riusciamo a ricordare il nome degli artisti o, ancora meglio, ad associare l’opera al suo autore? Ma c’è un’eccezione. Un caso in cui il tratto, le linee, le forme conducono senza alcun dubbio all’artista: Guido Scarabottolo.

Abbiamo deciso di incontrarlo per fargli qualche domanda sul suo lavoro.

Buongiorno Guido, grazie per il tempo che ci hai dedicato. Siamo molto felici di farti alcune domande. Iniziamo dalla prima. Qual è stato il libro che ti è piaciuto di più illustrare?

Non c’è un libro che mi sia piaciuto illustrare più di altri. Ho fatto diversi libri miei. Credo di essermi divertito di più a fare i miei libri che a illustrare quelli di altri. Anche se ho illustrato libri molto belli.  

E quello che invece ti piacerebbe illustrare?

Ho illustrato la Bibbia, la Divina Commedia, L’Utopia di Tommaso Moro, non so cos’altro potrei voler illustrare! Faccio quello che mi capita.

Un lavoro che vorresti tanto realizzare?

Ormai sono in là con gli anni e non ho voglia di pensare a nuovi lavori da realizzare. Ma mi sarebbe tanto piaciuto costruire una casa di legno da solo!

E uno che non faresti mai?

Credo che ogni lavoro abbia una sua dignità e degli aspetti piacevoli. Ai tempi dell’università, mi è capitato di fare l’antennista, andavo nelle case a mettere le prese tv dopo aver installato l’antenna sul tetto e il fatto di incontrare tanta gente diversa tutti i giorni mi divertiva moltissimo. Penso che anche fare l’impiegato alle poste potrebbe avere i suoi lati positivi. Basta saperli cogliere in qualsiasi lavoro si svolga.

C’è un disegno ricorrente nei tuoi lavori?

Sì, disegno sempre una specie di forma di montagna, che è quasi diventato un disegno automatico che mi viene fuori quando sto davanti a un foglio. È una figura che ormai sta dappertutto nei miei lavori.

36 views of the magic mountain

Ti capita di disegnare per piacere? O il disegno è sempre legato a un obiettivo lavorativo?

Disegno solo se sono costretto! Dopo cinquant’anni di disegni, ogni tanto non ne posso più!

Hai bisogno di condizioni particolari per disegnare o potresti farlo ovunque?

Nonostante la lunga esperienza, ancora non ho capito bene di cosa ho bisogno! Ogni volta che devo cominciare un nuovo lavoro mi occorre un sacco di tempo per predisporlo. Ogni volta è un lavoro nuovo e come tale richiede una maniera di disegnare differente. Non mi piace disegnare sempre allo stesso modo, per cui di volta in volta mi invento delle soluzioni particolari. Per esempio da poco mi sono procurato delle penne d’oca e disegno con quelle. Mi piace lavorare anche sul disegno, non solo sul contenuto del disegno.

Qual è il tuo metodo di lavoro?

Non so se il mio si possa definire esattamente un metodo di lavoro. Ma spesso alcune intuizioni nascono in maniera inconscia. Quando mi viene commissionato un lavoro, ci dormo su. È proprio un approccio al disegno e al lavoro in generale. E mi capita, anche dopo giorni trascorsi a pensare, di avere delle idee all’improvviso nel dormiveglia. Come se fossero delle illuminazioni.

Matita o penna digitale?

Tutto! Ultimamente ho lavorato moltissimo in digitale, che per me vuol dire fare il tratto a penna o a matita, e poi scansionare. In digitale finisco di comporre i disegni, perché spesso ne faccio tanti separatamente e poi in digitale li metto insieme, li compongo. E aggiungo anche il colore. Questa soluzione mi consente di procedere più rapidamente, dato che i tempi per illustrare le copertine dei libri sono quasi sempre molto stretti. Se invece posso, faccio dei disegni già finiti su carta, in modo da poterli poi esporre e vendere eventualmente e non solo pubblicare sui giornali.

Quando ti viene chiesto di realizzare la copertina di un libro, leggi sempre il libro per intero?

Non ne leggo nemmeno una parte. Per ragioni di tempo naturalmente. Quando disegnavo le copertine per i libri, mi capitava di doverne fare 10 o 12 in due settimane, quindi era impossibile pensare di leggerli.

Tra l’altro, a volte il libro non era neanche stato scritto. Mi è capitato di fare copertine per convincere gli scrittori a scrivere i libri per quelle copertine. Succedeva che il direttore editoriale volesse convincere uno scrittore a scrivere un libro e gli faceva vedere la copertina che io avevo disegnato.

O a volte i libri erano in cinese, in norvegese… e non erano ancora stati tradotti. Finché si tratta di un libro inglese, francese o spagnolo ce la faccio, ma quando parliamo di tedesco o altre lingue rischia di diventare complicato. Quindi mi sono fatto guidare dalla mia ispirazione. Durante la riunione di redazione mi veniva riassunto il contenuto del libro e da lì traevo l’idea. In alcuni casi avevo letto anche i libri dello stesso autore in precedenza.

Quanto è importante la reazione di un lettore davanti alle tue copertine nel momento in cui le immagini?

Guido Scarabottolo Old Stuff
Old stuff

Io non penso mai a chi sono destinate le copertine, le disegno come se le facessi per me. Perché so benissimo che ognuno osserva un disegno in maniera diversa. Come capita anche leggendo un libro di avere interpretazioni molteplici a seconda di chi lo legge. Perché leggiamo, interpretiamo, osserviamo in base alle nostre esperienze personali.

Ognuno ci mette la propria interpretazione, ognuno vede quello che lo interessa. I filosofi greci dicevano che le cose non si possono conoscere, ma solo riconoscere. Ciascuno di noi vede quello che riconosce in base a quello che è. Anche io stesso, se rileggo un libro dopo 10 anni, mi trovo davanti a un contenuto completamente differente dal mio ricordo.

Mi diverte sempre moltissimo l’interpretazione dei miei disegni fatta da chi non li ha mai visti. Io magari ho immaginato una cosa e il pubblico ne vede un’altra. Alcune volte poi cerco di realizzare forme un po’ misteriose, quindi è ancora più significativo l’intervento di chi le guarda e costruisce una storia.

Cosa fai quando non disegni?

Cose normalissime. Quest’anno ho sistemato una casa in campagna, faccio delle passeggiate, leggo.

Il tuo illustratore preferito?

Non sono certo di avere un illustratore preferito ma penso che Saul Steinberg sia stato molto importante per me.

Come vedi il mondo: a colori o in bianco e nero?

Grigio! Da buon milanese! O (Essendo milanese, grigio!)

Tu davanti al foglio bianco: cosa fai come prima cosa?

Dipende dal foglio. Magari comincio a disegnare il mio posto di lavoro, gli strumenti di lavoro. Durante il primo lockdown, ho fatto 71 disegni, uno al giorno sul tema della montagna incantata che, come dicevo prima, è una figura ricorrente dei miei disegni. Pensavo alle vedute del Monte Fuji dell’artista giapponese Katsushika Hokusai, che è forse la serie più famosa al mondo. E poi pensavo a La montagna incantata di Thomas Mann, che è un libro su un’epidemia e ho trovato molto interessante la fusione di questi due elementi.

Come avviene la scelta dei colori?

Guido Scarabottolo Paper test
Paper test

Li scelgo sempre dopo, a disegno finito. Disegno in nero, faccio anche più disegni separati solo con il nero e poi coloro le scansioni quando le metto insieme. Non lavoro su una tavolozza predefinita. E cerco di usare dei colori abbastanza primari, brillanti. A me piacciono i grigi, che sono migliaia, come sono migliaia anche i neri. Però spesso quando vado da un cliente e presento un disegno grigio, mi viene chiesto: ‘Ma un po’ di colore?’.

Ad esempio lavoro da più di vent’anni per clienti giapponesi che sono sempre contenti dei miei lavori, perché i giapponesi non hanno alcun problema con il nero. Anzi, hanno una tradizione calligrafica dove il colore nero è molto importante. Ma adesso anche loro iniziano a chiedermi di inserire del colore.  C’è una sorta di diffidenza nei confronti del nero e del grigio. Eppure i grigi hanno temperature calde e fredde, i neri sono chiari o scuri. Anche gli stessi bianchi: basta prendere una mazzetta di campioni di carta per vedere quanti sono i bianchi possibili.

E della carta?

La carta è un bel problema! Quando mi procuro delle carte belle sono inibito a usarle. Sono così belle che vorrei lasciarle così come sono. Ad esempio le carte giapponesi sono tanto particolari che mi sento quasi intimorito. Perché richiedono una sapienza gestuale molto sviluppata. Mi piacciono moltissimo anche le carte vecchie, che hanno un po’ di storia, che sono ingiallite o anche rovinate. Ho pacchi di vecchi quaderni che compro quando li trovo e poi non ho mai il coraggio di farci niente perché li rovinerei. C’è una sorta di timore reverenziale per la carta.

Ti è mai capitato di essere ispirato dalla carta?

Le carte hanno una posizione attiva nel disegno, bisogna fare quello che vogliono loro, non tutto quello che vorresti fare tu. Bisogna capirle. Mi capita di innamorarmi di una carta e quando non la trovo più mi sento perso.

Che consigli daresti a un aspirante illustratore?  

Insegno illustrazione all’ISIA di Urbino ad aspiranti illustratori dell’ultimo anno di università e gli dico sempre che per fortuna ho iniziato a fare l’illustratore in altri tempi. Il mondo sta cambiando molto velocemente. La rivoluzione digitale sta influendo molto su tutto il sistema editoriale e fare l’illustratore è tutt’altro che facile. Quando ho cominciato a fare i miei disegni non c’erano scuole di illustrazione, adesso ce ne sono tante e anche molto valide. In tutto il mondo nascono migliaia di illustratori tutti gli anni. L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di fare l’illustratore se proprio dietro c’è una passione sfrenata. L’unica ragione per scegliere un percorso di questo tipo è divertirsi a fare il proprio lavoro e avere il coraggio di sceglierlo, non ci sono altre ragioni. Non si può fare l’illustratore “a freddo”. Anni fa sospettavo che il motore degli illustratori fosse la pigrizia: meglio fare l’illustratore che lavorare. Adesso la pigrizia non basta, conta solo la passione.

From the first lockdown. Drawing 15-16

Biografia di Guido Scarabottolo

Nato nel 1947 a Sesto San Giovanni, Guido Scarabottolo è architetto, lavora come illustratore e grafico, soprattutto in editoria. Ha collaborato con la RAI, le principali agenzie di pubblicità e le maggiori aziende nazionali.

I suoi disegni sono apparsi sul domenicale del Sole24Ore, Internazionale, Domus, New York Times e New Yorker.
Ha illustrato e illustra libri e copertine per diversi editori (Mondadori, Rizzoli, Feltrinelli, Laterza, 66th&2nd, Topipittori, Vanvere, Gallucci, La Grande Illusion).
Per dodici anni, tra il 2003 e il 2015, ha progettato tutte le copertine Guanda, illustrandone gran parte.

Parallelamente a questa attività conduce un lavoro di ricerca, sfociato in libri e numerose mostre, in Italia e all’estero

Tra gli ultimi libri di Guido Scarabottolo, Viva il Mondo e Manifesto Segreto 2 con Vanvere Edizioni, La prima frase è sempre la più difficile, di Wislawa Szymborska (Terre Di Mezzo), Io ti domando, di Giusy Quarenghi (Topipittori), Libro con paesaggi con libro con un racconto di Irene Toole, 36 vedute della montagna incantata (edizioni della Galleria l’Affiche), Utopia di Tommaso Moro (Tapirulan), Promemoria di Gianni Rodari (Einaudi Ragazzi).