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Intervista ad Arianna Vairo

Arianna Vairo, Girotondo

La carta e l’arte

La carta e l’arte sono sempre state un connubio indissolubile. Dal libro d’artista alla fotografia d’autore, dall’acquerello all’incisione, gli impieghi artistici della carta sono tantissimi.

Abbiamo deciso di parlarne con un’artista che da anni porta avanti una ricerca attraverso tecniche e materiali sempre differenti. Una ricerca in cui la carta ha sempre avuto un ruolo determinante per raggiungere l’effetto desiderato. Lei è Arianna Vairo.

La carta e l’arte: intervista ad Arianna Vairo

Buongiorno Arianna, grazie per averci concesso il tuo tempo e la tua disponibilità. Da dove nasce la tua ricerca? 

Per anni ho prodotto opere che rispondevano alle richieste dei committenti, quindi ho dovuto adattare le mie suggestioni, la mia creatività alle necessità artistiche. Poi è arrivato un momento in cui ho deciso di ascoltare solo la mia ispirazione e di rendere libero il mio linguaggio. La prima cosa che ho fatto è stata tornare ai miei sensi con una serie di esercizi. Sono partita dalla linea: una serie di immagini di sole linee.

E in quel momento, dato che sono sempre stata innamorata dei pastelli a olio, li ho ripresi. E ho iniziato a osservare qualsiasi cosa. Una pratica che ho definito “toccare con lo sguardo”. A me interessa in maniera particolare la figura umana, quindi ho cominciato a fare ritratti. Ho cercato di rendere visibile più che mai la materia creata dal pastello, con delle opere a metà tra il disegno e la scultura. Ho scelto come soggetti della mia osservazione soprattutto i lettori. Trovo che la lettura catturi il corpo, che sia in assoluto l’attività in cui la concentrazione è totale. Ed è una ricerca che continuo a portare avanti ancora oggi.

Ho proseguito poi il mio lavoro tenendo sempre come materia prima la figura umana minimale. Immaginavo quasi un palcoscenico spoglio dove c’è solo una figura che deve essere capace di dire tutto. Rappresento il corpo, che però non mi interessa in quanto corpo, ma perché è l’unica maniera per rendere visibile quello che siamo.

A un certo punto della tua carriera hai iniziato a frequentare le milonghe. Com’è accaduto? E che progetto è nato in seguito?

Una sera passeggiavo per il quartiere Stadera qui a Milano e ho sentito da lontano una musica, sembrava di essere in un film di Fellini. C’era una balera e ho osservato le persone danzare. In quel momento ho avuto l’intuizione, una sorta di epifania. Ho iniziato a seguire le lezioni tutte le settimane e a creare i primi disegni. Questi sono composti da linee, non raffigurano il corpo nelle sue fattezze. Ecco perché nessuno era imbarazzato dalla mia pratica e dalla mia presenza e ho potuto continuare a portare avanti il mio progetto.

Concretamente come realizzi queste raffigurazioni di corpi? 

Tengo in mano più pennelli contemporaneamente, al massimo cinque, e li uso tutti insieme. Naturalmente faccio prima una selezione dei colori che andrò a usare.

Che tipo di carta utilizzi?

È una tecnica molto veloce quindi mi sono servita di una carta con una grammatura alta, molto liscia e soprattutto dura in modo da assorbire il colore lentamente. Questo tipo di carta trattiene a lungo il colore in superficie e permette questi giochi.

Veniamo adesso al rapporto tra la carta e l’arte. È la carta quindi che ti aiuta a realizzare quest’effetto?

Sì la carta è tutto. Nel corso della mia ricerca e delle mie sperimentazioni ho usato diversi tipi di carta e ho notato che la tipologia di carta cambia completamente il risultato. Ci sono alcuni casi in cui si sa già prima di iniziare un’opera di quale carta si ha bisogno. E altri invece in cui si prova e si sperimenta fino a ottenere l’effetto desiderato. In ogni caso, la carta e l’arte procedono sempre insieme.

Com’è proseguita poi la ricerca?

Sono tornata a osservare le cose, in particolare le cose minuscole, un tema che mi interessa molto. E il “toccare con lo sguardo” di cui parlavo prima, che è alla base della mia ricerca, mi ha portato ancora una volta ai sensi. E anche ai limiti dei sensi. Io ho dei problemi di miopia, e quando si è miopi la prima cosa che il cervello percepisce sono le masse tonali. Che assomigliano in qualche maniera a tutto il mio lavoro con gli acquerelli. Ho provato a posteriori a trovare un significato a questa tecnica e l’ho trovato proprio nel tentativo di associare il limite di un mio senso alla mia espressività artistica.

Al momento su cosa stai lavorando?

Dopo aver trascorso negli ultimi due anni molto tempo in casa come tutti e soprattutto in città, ho deciso di concedermi del tempo in natura. E ho scelto una radura abbandonata, dove poter fare passeggiate e sentirmi libera. Naturalmente ho portato con me gli album da disegno e il carboncino. Sono stata attratta in particolare dai tronchi degli alberi, che sono a metà tra l’albero appunto e la figura umana. Un tronco somiglia a un uomo per metà del corpo tuffato nel terreno. Ho iniziato a osservarli con uno sguardo intenso. Così i rami degli alberi sono diventati le articolazioni di una mano. E poi una figura umana. Da lì mi sono sentita circondata di figure umane, come in una danza sacra. E questo ha portato a quest’ultima serie di lavori.

Chi è Arianna Vairo

Artista eclettica, Arianna Vairo (Milano, 1985) è una delle illustratrici italiane più apprezzate nel panorama internazionale. Disegnatrice da sempre, dopo un anno di pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna si forma come illustratrice e incisore. Per la sua attività di illustratrice, riceve numerosi riconoscimenti, espone il proprio lavoro in diverse esposizioni in Italia e all’estero, pubblica circa venti libri per ragazzi.

Vanta collaborazioni con The New York Times, Marina Abramovic Institute, l’Università Bocconi di Milano, la Fondazione Feltrinelli per il progetto “Lezioni sul Gesto” tenute da Virgilio Sieni.
Insegna incisione e illustrazione presso l’Istituto Europeo di Design a Milano e Torino.