Storia della carta washi
La carta washi viene chiamata spesso erroneamente carta di riso, con cui però non ha niente a che fare. La carta washi ha una storia antichissima che inizia almeno 1300 anni fa, quando arrivarono dalla Cina le prime tecniche di fabbricazione della carta. Le caratteristiche climatiche e geografiche del Giappone, hanno poi contribuito all’emergere di un’ampia varietà di tipi di carta, lavorata a mano in diverse regioni dell’arcipelago.
Da allora le tecniche di lavorazione della carta giapponese non sono quasi mai cambiate e la sua fama è cresciuta oltrepassando i confini nipponici. Nel 2014 è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’Umanità1.
Processo di fabbricazione della carta washi
In Giappone “Tamezuki” e “Nagashizuki” sono i due metodi artigianali di fabbricazione della washi.
Il metodo Tamezuki
Il Tamezuki è il metodo più antico di fabbricazione della washi. La fabbricazione della carta nell’antico periodo Heian è descritta come segue: polpe come kozo (gelso), canapa e gampi 2 sono tagliate a pezzetti e cotte in una soluzione alcalina delicata.
Il materiale cotto è in seguito risciacquato, pulito e battuto per abbattere le fibre. La polpa risultante è quindi mescolata con acqua e raccolta su un telaio retinato. Prima di qualsiasi scarico dell’acqua, la macchina per la carta scuote delicatamente il telaio o “stampo” per distribuire uniformemente la polpa vegetale.
La carta è formata da un unico strato nel telaio. I fogli di carta appena formati sono impilati uno sopra l’altro; separati da un panno per evitare che si attacchino. Questo metodo è simile alla fabbricazione della carta in Occidente.
I primi produttori di carta giapponesi notarono astutamente che la pasta contenente fibre di gampi aveva un tasso di drenaggio più lento, consentendo ai produttori di carta di spostare ripetutamente la miscela di pasta avanti e indietro sulla superficie dello stampo, ottenendo una carta più resistente (con fibre intrecciate più uniformemente). Successivamente notarono che il gampi rilascia un liquido viscoso che cambia effettivamente la viscosità dell’acqua con conseguente rallentamento del tasso di drenaggio. Per qualche tempo aggiunsero le fibre gampi ad altre fibre per ottenere questo effetto, ma poiché il gampi non è coltivabile, era difficile ottenerne quantità significative. Si è cercato quindi di estrarre Il materiale viscoso chiave (“neri“) da altre piante più facilmente disponibili portando allo sviluppo dello stile di fabbricazione della carta “Nagashizuki” che produce carte resistenti, sottili e semitrasparenti che sono diventate sinonimo di washi.
Il metodo Nagashizuki
Il metodo Nagashizuki utilizza spesso una forma in legno e un telaio con uno stampo di bambù flessibile rimovibile. La polpa a fibra lunga si miscela con “neri” naturale per modificare la viscosità dell’acqua e sospendere le fibre durante il processo di formazione del foglio, con conseguente lento processo di drenaggio.
Il metodo Nagashizuki prevede tre azioni fondamentali:
- Kakengashi: richiede una piccola quantità del composto di polpa, quanto basta per coprire solo la superficie dello stampo. La polpa scorre rapidamente sulla superficie dei vagli con la polpa in eccesso che fuoriesce dal bordo più lontano della forma. Questo movimento rapido allinea le fibre perpendicolarmente alle stecche della superficie delklo stampo di bambù e forma la “faccia” della carta. Questo movimento rende più facile rimuovere il foglio di carta appena formato;
- Choshi: quando una pallina più grande di polpa scorre avanti e indietro ricoprendo uniformemente l’intero stampo. È importante che un po’ di polpa rimanga nello stampo per aiutare a contrastare la pressione della polpa dal retro della mascheratura quando si preleva il quantitativo successivo. Questa azione si ripete più volte fino a raggiungere lo spessore della carta desiderato; l’accumulazione a strati consente alle fibre lunghe di intrecciarsi bene;
- Sutemizu: la terza azione è simile alla prima in quanto la miscela di polpa si fa scorrere su tutta la superficie con l’eccesso gettato via dall’estremità dello stampo. Il movimento rapido allinea le fibre in un’unica direzione e forma il retro della carta. La produzione di fogli di carta resistenti e semitrasparenti è possibile utilizzando il metodo Nagashizuki, ma questo metodo può anche prestarsi a una varietà di spessori e caratteristiche della carta.
- Leggi anche Sayuri Ishiwata, Washi: la carta giapponese patrimonio immateriale dell’UNESCO, 2014 ↩︎
- arbusti della famiglia Thymelaeaceae, genere Wikstroemia ↩︎